Come è noto, infatti, l’art. 40 della legge 47/1985 prevede la nullità per i contratti che trasferiscano diritti reali su beni immobili privi della necessaria documentazione che ne attesti la regolarità con la normativa urbanistica. La ratio della sanzione comminata dal legislatore è quella di scoraggiare il traffico di immobili abusivi mediante l’applicazione della nullità ai relativi atti.
Ma tale sanzione, secondo la Corte, trova applicazione solo per i contratti ad effetti traslativi e non per i contratti ad effetti solo obbligatori. E il preliminare, da un punto di vista strutturale, è un contratto ad effetti solo obbligatori e non (ancora) traslativi. Da questa considerazione discende che non vi sarebbe motivo, pertanto, di applicare al preliminare la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della legge 47/1985.
Ben può essere, infatti, che la necessaria dichiarazione o la documentazione attestante la regolarità urbanistica, l’eventuale concessione in sanatoria o la domanda di oblazione possano essere rese o prodotte in un momento successivo, precisamente all’atto della stipulazione del contratto definitivo ovvero in corso di giudizio, prima della sentenza ex art. 2932 c.c.
In altre parole, l’assenza dell’indicazione degli estremi della concessione edilizia e della sanatoria (come nel caso esaminato dalla Corte) non inficia la validità del contratto preliminare, che rimane valido, non rientrando tale ipotesi nell’ambito di applicazione della sanzione prevista dall’art. 40 della legge 47/1985.
[1] Cassazione sentenza n. 9318 del 9 maggio 2016
Post a cura di SuperPartes