Ai sensi dell’art. 703 c.c. l’esecutore testamentario, che ha il compito di curare l’esatta esecuzione delle disposizioni di ultima volontà del defunto, esegue la sua funzione amministrando la massa ereditaria e prendendo possesso dei beni che ne fanno parte.
La legge precisa però, al terzo comma dello stesso articolo, che il possesso dei beni ereditari non può durare più di un anno dall’accettazione, a meno che l’autorità giudiziaria, per motivi di evidente necessità, e sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata. Anche in questo caso, tuttavia, non potrà mai superare l’ulteriore termine di un altro anno.
Se queste sono le previsioni legislative sul punto, ci si chiede se tale termine massimo di un anno (o due nel caso di intervento dell’autorità giudiziaria) si riferisca solamente al possesso dei beni ereditari o anche alla loro amministrazione.
Seppur ritenuto in passato che il termine si riferisse congiuntamente sia al possesso sia all’amministrazione dei beni, tale tesi non appare oggi condivisibile per più ragioni.
In primo luogo in tal senso depone il testo della norma che al terzo comma, diversamente da quanto avviene nel comma precedente, si riferisce espressamente solo al possesso, senza nominare l’amministrazione dei beni ereditari.
Inoltre in tal senso depone anche la lettura sistematica delle disposizioni, ove si consideri che l’art. 709 c.c. prevede che l’esecutore testamentario debba rendere conto della sua gestione al termine della stessa, e anche spirato l’anno dalla morte del testatore, se la gestione si sia prolungata oltre l’anno. Disciplinando tale ipotesi, la legge sembra presupporre come possibile tale evenienza.
Per queste ragioni sembra, dunque, preferibile ritenere che il termine di un anno si riferisca solamente al possesso dei beni ereditari e non anche alla loro amministrazione.
A conferma di questa ricostruzione si è espressa anche una recente sentenza di Cassazione[1], la quale ha confermato l’applicabilità del termine di cui all’art. 703 comma terzo c.c. solo al possesso e non anche alla gestione dei beni dell’eredità, affermando espressamente, dunque, che quest’ultima possa continuare anche oltre il termine di un anno (o due).
In particolare, afferma la Corte, la gestione deve continuare fino a quando non siano esattamente attuate le disposizioni testamentarie, a meno che non vi sia la contraria volontà del testatore o l’esonero giudiziale ai sensi dell’art. 710 c.c..
In altre parole sussiste l’obbligo, o quantomeno il potere, di continuare la gestione fino a quando le circostanze del caso concreto lo richiedano e dunque, eventualmente, anche oltre il termine di cui all’art. 703 comma terzo c.c..
Questo implica, secondo la Corte, che, alla scadenza di quel termine, l’esecutore testamentario sarà obbligato a dismettere il possesso dei beni ereditari (punto su cui la legge è chiara e non derogabile) ma non decadrà dal suo ufficio, potendo quindi continuare ad amministrare i beni fintanto che sia necessario.
[1] Corte di Cassazione sentenza n. 12241 del 14 giugno 2016.
Post a cura di SuperPartes