La Corte di Appello di Bologna[1] è intervenuta sul tema delle polizze unit linked, affermando la natura finanziaria e non assicurativa anche per le polizze stipulate prima del 1 luglio 2007, con conseguente applicazione della relativa disciplina in tema di strumenti finanziari.
Il caso è quello di un imprenditore, poi fallito, che abbia prima del 2007 sottoscritto una polizza unit linked e versato i relativi premi. Dalla qualificazione giuridica del prodotto sottoscritto deriva la possibilità o meno, in capo al curatore fallimentare, di chiedere la restituzione dei premi versati alla procedura fallimentare qualora ne ricorrano i presupposti.
Come è noto, infatti, una polizza vita di tipo unit linked è una polizza vita ad alto contenuto speculativo, in quanto il denaro pagato viene investito in fondi di investimento a cui viene legato il rendimento stesso della polizza.
Dalla sua complessa natura derivano difficoltà nella qualificazione giuridica e risvolti applicativi rilevanti. In particolare se qualificabile come polizza vita essa non sarà, secondo le regole del Codice civile, assoggettabile ad azione esecutiva o cautelare (art. 1923 c.c.). Al contrario se qualificabile come prodotto finanziario sarà sottoposta alla relativa disciplina degli strumenti finanziari prevista dal Testo Unico della Finanza (T.U.F).
Nessun problema si pone per quanto attiene alle polizze stipulate dopo l’entrata in vigore della riforma (Legge n. 262/05, cd “Legge sulla tutela del risparmio”), che ha assoggettato i prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione al T.U.F. (art. 25 bis) e relativo Regolamento Consob a far data dal 1 luglio 2007, dato che la legge è chiara nell’affermare che si applicano, in quanto compatibili, le norme del T.U.F. e pertanto la disciplina prevista per i prodotti finanziari. La ratio della riforma è stata proprio quella di estendere, tramite l’abrogazione della lett. f) dell’art. 100 T.U.F. e l’introduzione dell’art. 25 bis, la disciplina in tema di intermediazione mobiliare ai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, al fine di garantire una maggior tutela all’assicurato, parte debole del rapporto contrattuale.
Al contrario, soluzioni diverse si riscontrano in dottrina e giurisprudenza per i prodotti sottoscritti anteriormente, a seconda che si voglia riconoscere natura innovativa o solamente ricognitiva alla riforma del 2005 che ha investito il settore.
La Corte di Appello di Bologna, nel risolvere la questione, sottolinea come la valutazione vada effettuata guardando al caso concreto. In particolare il fattore determinante sarà l’elemento del rischio, ed in particolare la sua allocazione.
L’analisi che deve essere svolta per capire se ci si trovi dinnanzi a un prodotto finanziario o ad un normale contratto di assicurazione sulla vita, con applicazione della relativa disciplina, si deve fondare sulla valutazione del rischio, ed in particolare sulla misura in cui esso sia posto a carico dell’assicurato o dell’assicuratore, a seconda della specifiche pattuizioni contrattuali previste nella singola polizza. E ciò a prescindere dalla qualificazione formale che le parti abbiano dato al contratto.
Ed in particolare qualora dall’analisi effettuata risulti prevalente la natura finanziaria rispetto a quella previdenziale, come nel caso analizzato dalla Corte dove, data la tipologia di polizza, il rischio attinente all’andamento del mercato borsistico era stato assunto solamente dall’assicurato, la normativa applicabile sarà quella prevista per gli strumenti finanziari e non quella dettata per le polizze vita.
Non basterebbe, infatti, ad escludere la natura speculativa della polizza la presenza di un “rischio demografico”, ovvero legato alle vicende della vita dell’assicurato, potendo al più la polizza, in tali ipotesi, assumere la natura di un negozio con causa mista atipica, a contenuto prevalentemente finanziario e solo in via residuale assicurativo.
In base a queste considerazioni la Corte di Appello di Bologna ha concluso per l’applicazione della normativa del T.U.F. alla polizza unit linked esaminata, anche se stipulata ante 2007, estendendo anche in tali ipotesi la protezione prevista dalla successiva riforma legislativa, trattandosi, come sottolineato anche dalla Corte di Cassazione, di una riforma che ha avuto il “solo scopo di dimostrare che l’assimilazione dei contratti del tipo unit linked agli strumenti finanziari costituisce un esito normativo ormai acquisito” [2].
[1] Corte di Appello di Bologna sentenza n. 1396 del 28 luglio 2016.
[2] Corte di Cassazione, sentenza n. 6061 del 18 aprile 2012.
Post a cura di SuperPartes