La Corte di Cassazione si è espressa sull’applicazione delle imposte indirette sull’atto di dotazione di beni in trust, affermando che quest’ultimo è soggetto all’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.
Il problema nasceva da un vuoto normativo. Il legislatore ha infatti provveduto a disciplinare il trust per quanto attiene alle imposte dirette, ma nulla ha stabilito, al contrario, in materia di imposte indirette. Da qui i dubbi interpretativi circa l’applicabilità delle imposte indirette in misura fissa o al contrario proporzionale.
A dirimere i contrasti la Corte di Cassazione è intervenuta a favore dell’applicabilità al trust delle imposte indirette in maniera fissa, sottolineando come manchi il presupposto necessario per l’applicazione delle imposte indirette in misura proporzionale, consistente nello spostamento di ricchezza.
L’occasione per fare il punto è stata fornita da un appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso una decisione della Commissione Regionale dell’Umbria. La decisione aveva confermato quella precedente della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, che aveva annullato un avviso di liquidazione con cui venivano recuperate, nei confronti del notaio rogante, le imposte ipotecarie e catastali omesse in misura proporzionale in relazione a un atto di costituzione di un trust autodichiarato (sotto franchigia e quindi esente dall’imposta sulle successioni e donazioni).
La Commissione Tributaria Regionale aveva infatti correttamente ritenuto che l’atto dovesse scontare la tassazione in misura fissa, dal momento che nessun trasferimento di beni soggetto alle imposte ipotecarie e catastali proporzionali era stato (ancora) posto in essere, anche alla luce della natura di trust autodichiarato, in cui le persone di disponente e trustee coincidono.
Quello che manca, quindi, secondo la Corte, è un reale trasferimento.
Se è vero che il trust autodichiarato costituisce una forma di donazione indiretta, “nel senso che per suo mezzo il disponente provvederà a beneficiare i suoi discendenti non direttamente e bensì a mezzo del trustee in esecuzione di un diverso programma negoziale”, la costituzione del trust, invero, produce soltanto efficacia segregante. Un reale trasferimento sarebbe impossibile in questa fase perché contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui lo stesso trust è stato predisposto e che prevede dunque la temporanea preservazione del patrimonio (segregato appunto) fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari.
Solo, dunque, in un momento successivo, quando si realizzerà il trasferimento effettivo e quindi anche l’arricchimento in capo ai beneficiari, quest’ultimi saranno tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale.
La sentenza della Cassazione si pone in continuità con la giurisprudenza prevalente di merito ed in dissonanza con le tre ordinanze della Cassazione che erano giunte a conclusioni difformi.
Inoltre è espressamente ammesso il trust autodichiarato dove settlor e trustee corrispondono e viene sottolineata la differenza tra un istituto “statico” come il vincolo di destinazione ed uno “dinamico e rotativo“ come il trust dove i beni alla fine della gestione possono non corrispondere affatto in consistenza e valore a quelli iniziali.
Viene poi criticata la conclusione a cui erano arrivate le ordinanze della Cassazione che ritenevano introdotta una “nuova imposta sui vincoli di destinazione” sia con argomenti letterali che facendo riferimento al principio di capacità contributiva.
Alle stesse conclusioni era già pervenuta la Commissione Tributaria Regionale di Napoli sez. staccata di Salerno, che aveva anche notato come, in tali ipotesi, vi sarebbe proprio a monte la carenza di capacità contributiva, come costituzionalmente prevista, dal momento che il principio di progressività di cui all’art. 53 Cost. trova il suo fondamento nella necessità di tassare l’arricchimento in misura proporzionale, ma appunto richiede, quale presupposto indefettibile, un arricchimento.
Nel caso, invece, di trasferimenti dal settlor al trustee, manca tale presupposto, dal momento che il trustee non acquista la proprietà dei beni (né altro diritto reale) ma al contrario assume (solo) l’obbligo di gestione di quei beni al fine del raggiungimento di uno scopo a favore di terzi. I beni vengono devoluti a quest’ultimo, quindi, solo per permettergli di attuare il programma negoziale e, pertanto, il relativo atto devolutivo è un mero atto strumentale che non genera arricchimento. In altre parole, seppur si è in presenza di un atto traslativo, non vi è alcun arricchimento tassabile, che, giova ribadirlo, vi sarà solamente quando i beni saranno effettivamente trasferiti ai beneficiari.
Pertanto l’atto istitutivo di trust autodichiarato sconta correttamente le imposte di registro ipotecarie a catastali in misura fissa.
Quanto detto dalla Corte di Cassazione vale sicuramente per il trust autodichiarato, ma a nostro parere, si deve ritenere applicabile anche al trust con trasferimento dal settlor al trustee perché anche in questo caso non c’è reale arricchimento del trustee in quanto la proprietà a lui trasferita è solo funzionale alla realizzazione del programma in trust.
Post a cura di SuperPartes