Il fisco può rifarsi sul fondo patrimoniale. E’ quanto affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3600 del 24 febbraio 2016 che ha stabilito che, rispetto all’azione esattoriale per un credito fiscale, l’Amministrazione finanziaria può, a certe condizioni, soddisfarsi anche sul fondo patrimoniale.

Il fondo patrimoniale è disciplinato agli articoli 167 e ss. c.c.. In particolare, per quanto qui interessa, l’art. 170 c.c. prevede che l’esecuzione sui beni del fondo non può aver luogo per i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei alla famiglia.

La Corte prende le mosse per la sua decisione proprio dalle condizioni previste dall’art. 170 c.c., in presenza delle quali i beni e i frutti di un fondo patrimoniale non possono essere oggetto di esecuzione: l’estraneità ai bisogni della famiglia e la conoscenza di tale circostanza da parte del creditore. Solo al verificarsi di tali condizioni, pertanto, i beni del fondo sono al riparo da eventuali azioni di esecuzione.

Non rileva in tal senso la natura dell’obbligazione, contrattuale o extracontrattuale, come da taluno sostenuto. Il criterio per capire se si sia nell’ambito di esclusione previsto dall’art. 170 c.c., secondo la Corte di Cassazione, va cercato, viceversa, nella “relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicché anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale potrebbe ritenersi contratto per soddisfare tale finalità”.

In altre parole, secondo la Corte, l’art. 170 c.c. non è di per sé ostativo all’esecuzione sui beni e sui frutti per quanto attiene ai debiti contratti con il fisco.

Sicuramente questa decisione della Corte di Cassazione, seppur si innesta su un filone di decisioni analoghe, si presterà ad essere da taluno criticata, soprattutto alla luce del fatto che in tal modo viene meno quella tutela accordata dal codice civile ai beni oggetto di fondo patrimoniale. Si fonda, inoltre, su un’equazione che non appare del tutto condivisibile: seppur vero che l’attività professionale è esercitata (anche) a favore della famiglia, appare comunque quantomeno curioso ritenere che il debito fiscale possa considerarsi “contratto per i bisogni della famiglia”.

Tuttavia occorre sottolineare che seppur vero che un debito tributario possa astrattamente essere considerato contratto per scopi non estranei alla famiglia, resta pur sempre fermo che ciò deve essere accertato in sede giudiziale. In particolare, l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava sulla parte che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale ma questa prova può consistere anche in “presunzioni semplici o nel ricorso a criteri logici e di comune esperienza“.

Post a cura di SuperPartes

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