Il settore dei mutui è stato recentemente interessato da una importante riforma che ha modificato anche la materia dell’inadempimento del contratto di credito da parte del consumatore, anche se, ad oggi, visti i pochi giorni di vita delle nuove previsioni legislative, non appare ancora del tutto chiara la disciplina applicabile. In attesa dell’emanazione delle disposizioni di attuazione, pertanto, si possono fare solo alcune riflessioni preliminari e generali, partendo da quello che è il nuovo dettato normativo.

L’art. 120 – quinquiesdecies del T.U.B bancario (D. Lgs. 385/93), così come riformato dal Decreto Mutui (D.Lgs. 72/16), prevede innanzitutto, ferma la disciplina prevista in caso di ritardati pagamenti ex art. 40 comma 2, l’obbligo in capo al finanziatore di adottare procedure per gestire i rapporti con i consumatori in difficoltà con i pagamenti. Sul punto la Banca d’Italia è stata chiamata ad adottare le relative disposizioni di attuazione, con particolare riguardo agli obblighi informativi e di correttezza del finanziatore, nonché ai casi di eventuale stato di bisogno o di particolare debolezza del consumatore.

La nuova disposizione prosegue poi, al secondo comma, prevedendo espressamente che il finanziatore non possa in ogni caso imporre al consumatore oneri, derivanti dall’inadempimento, superiori a quelli necessari a compensare i costi sostenuti a causa dell’inadempimento stesso. I costi sostenuti a causa dell’inadempimento segnano, quindi, il limite ultimo degli oneri a cui il consumatore può essere assoggettato per via dell’inadempimento del contratto di credito.

Ma è il comma terzo dell’art. 120 – quinquiesdecies ad aver attratto, per ora maggiormente, l’attenzione degli interpreti del settore, il quale recita che, fermo restando il divieto di patto commissorio, le parti possono tuttavia convenire, con clausola espressa, al momento della conclusione del contratto di credito, che, in caso di inadempimento del consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione dell’intero debito a carico del consumatore derivante dal contratto di credito.

La legge specifica che in tali ipotesi l’intero debito residuo a carico del consumatore derivante dal contratto di credito si deve considerare estinto, anche se la somma ricavata risultasse essere inferiore al debito residuo. Al contrario se il valore dell’immobile, come stimato dal perito, ovvero l’ammontare dei proventi della vendita dovessero essere superiori al debito residuo l’eccedenza dovrà essere restituita. Per quanto attiene alla vendita dell’immobile la legge precisa, poi, che il finanziatore si deve adoperare con ogni diligenza per conseguire il miglior prezzo di realizzo possibile.

Preme sottolineare, in prima analisi, l’importanza di tale punto della riforma. Come è noto, infatti, l’art. 2744 c.c. prevede un imperativo divieto di patto commissorio. Seppur qualche voce discordante, la nuova previsione legislativa non appare in contrasto con il divieto sancito dal Codice civile. Il fatto che un’eventuale eccedenza di valore venga restituita sicuramente è un elemento che depone in tal senso, potendo il nuovo istituto essere qualificato come un patto marciano che, anche se non disciplinato espressamente nel nostro ordinamento, è presente da tempo immemore e della cui ammissibilità e coerenza con i principi dell’ordinamento italiano non si è mai dubitato. Meritevole, infatti, sembra essere la ratio a fondamento della previsione, che non appare essere quella di abuso della posizione debole del consumatore, ma quella di garantire una più rapida, ma comunque equa, escussione della garanzia immobiliare senza dover ricorrere alle lungaggini giudiziarie.

A conferma di ciò, depone anche la restante disciplina prevista dall’art. 120 quinquiesdecies. In particolare viene espressamente previsto che il valore del bene immobile oggetto della garanzia debba essere stimato da un perito indipendente scelto dalle parti di comune accordo ovvero, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, nominato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 696 c.p.c., con una perizia successiva all’inadempimento.

Inoltre viene previsto che il finanziatore non possa, in ogni caso, condizionare la conclusione del contratto di credito alla sottoscrizione della clausola. Qualora, tuttavia, il consumatore decida di sottoscriverla, ha diritto ad essere assistito, a titolo gratuito, da un consulente al fine di valutarne la convenienza. In ogni caso una siffatta clausola non può essere pattuita in caso di surrogazione nel contratto di credito ai sensi dell’articolo 120-quater.

Lo stesso articolo fornisce, poi, una chiave ermeneutica su cosa costituisca inadempimento, ritenendo necessario in tal senso il mancato pagamento di un ammontare equivalente a diciotto rate mensili, non costituendo, al contrario, inadempimento i ritardati pagamenti che consentono la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 40, comma 2.

A chiusura della disciplina sull’inadempimento del consumatore, il Decreto Mutui prevede, infine, che per tutte le ipotesi non incluse permane per il finanziatore la possibilità di far ricorso all’espropriazione immobiliare, precisando che, se a seguito dell’escussione della garanzia residui un debito a carico del consumatore, il relativo obbligo di pagamento decorre dopo sei mesi dalla conclusione della procedura esecutiva.

Se queste sono le coordinate offerte dal nuovo testo dell’art. 120 quinquiesdecies T.U.B., permangono alcuni dubbi circa talune previsioni in essa contenute. La legge ha rimesso al Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, e sentita la Banca d’Italia, il compito di dettare le disposizioni di attuazione in ordine ad alcuni punti fondamentale della disciplina.

Come già sottolineato, in attesa dell’emanazione delle disposizioni attuative, si possono solo fare alcune considerazioni preliminari e generali, basate sul nuovo teso di legge, su quale sarà la disciplina finale.

Innanzitutto non appare chiaro quale sia la procedura da adottare per la vendita ma si può ragionevolmente ritenere, data la ratio di semplificazione della riforma, volta a offrire uno strumento di escussione stragiudiziale più semplice e veloce delle garanzie immobiliari, che le norme di attuazione disciplineranno le modalità e le tempistiche di realizzo della vendita privata dell’immobile. Anche sullo stesso concetto di vendita privata, però, possono sorgere alcune perplessità, ed in particolare appare utile domandarsi se il finanziatore possa ricorrere alla delega al notaio per procedere alle aste telematiche notarili o ad altre procedure competitive di vendita.

Alcuni dubbi sono stati sollevati anche in relazione al rapporto, concorrente o escludente, con il potere di risoluzione già riconosciuto dalla stessa legge ai sensi dell’art. 40 comma 2 T.U.B. previsto nell’ipotesi di ritardato pagamento, che prevede come presupposto applicativo un ritardo nei pagamenti verificatosi almeno 7 volte anche non consecutive.

Quel che è certo per ora sono i soggetti coinvolti: il debitore, il finanziatore e l’acquirente dell’immobile oggetto di garanzia. Ma occorrerà anche tener conto di altri eventuali creditori. La normativa secondaria dovrà anche occuparsi del ruolo del notaio ed eventualmente anche del giudice qualora si renda necessario il suo intervento in caso di contrasti nati tra creditore e debitore.

Un altro dubbio può nascere sul potere residuo in capo al consumatore di procedere alla vendita dell’immobile in un momento successivo all’inadempimento, ovvero se possa procedere lui stesso alla vendita del bene e successivamente all’estinzione del debito o se, una volta convenuta con la banca la clausola di patto marciano, dopo l’inadempimento, gli sia preclusa definitivamente la possibilità di procedere personalmente alla vendita.

La questione più problematica, però, secondo i primi riscontri, attiene forse alla legittimazione alla vendita in capo al finanziatore. La legge prevede, infatti, solo la possibilità di introdurre nel contratto di mutuo una clausola contenente la facoltà di procedere alla vendita in caso di inadempimento, ma non accenna alle problematiche relative alla legittimazione. Le vie percorribili sono molteplici. Occorre capire se si possa prevedere un trasferimento sospensivamente condizionato all’inadempimento (come già previsto per le imprese ex art. 48 bis T.U.B), oppure un mandato irrevocabile alla vendita. O ancora se sia consentita una vendita senza previo trasferimento della proprietà dell’immobile al finanziatore o altra soluzione giuridica che comunque ponga il finanziatore nella condizione di poter vendere legittimamente il bene.

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